domenica 25 settembre 2011

Prietenii mei

Qualche giorno in Italia, per rivedere Silvia e recuperare qualche bagaglio pesante e qualche oggetto per la casa (caffettiera, caffè, spezie, cus cus, pizzoccheri, formaggio decente, tè verde e una fila di cacciatorini) e, tra le altre cose, per salutare una “vecchia amica” in partenza per l’altra parte del mondo. Persi nella Brianza tra ricordi dell’Università e chiacchere, con persone che hanno girato il mondo o che hanno l’aspirazione o la voglia di farlo. La voglia, forse, anche di lasciarsi alle spalle un suolo ingrato e sempre più arido. Mentre eravamo seduti su una panca da festa di paese, è uscita fuori una frase: “Non c’è nulla come partire per farti capire su chi puoi contare”. Tre persone che chiacchieravano e ognuna aveva le sue storie di delusioni o, anche, di piacevoli sorprese: una persona reduce da tre mesi in Madagascar, una domiciliata a Bucarest e una che scalda i motori per emigrare ad Auckland. Fare due chiacchere su questi argomenti mi ha fatto pensare molto ai miei comportamenti e a quelli di altre persone, ma soprattutto mi ha reso felice di essere andato a salutare una persona che non vedevo da tempo e che sentivo raramente, ma con cui ho condiviso parte della mia vita universitaria. Drum bun spre Noua Zeelandă, şi noroc!

Il mattino precedente ero stato svegliato da una chiamata. Una persona che chiamavo fratello e che, proprio due sere prima della mia partenza, mi aveva riservato l’ultima di tante delusioni. Di quelle che ti fanno soppesare le persone e l’importanza che gli dai, che ti fanno raffreddare i rapporti e che ti fanno dire: “Beh, se ha voglia, mi cercherà lui”. Penso agli amici che avrei voluto salutare, ma alla fine non sono riuscito a vedere; penso a quelli che colpevolmente ho dimenticato nella fretta (e vorrei tanto chiedergli scusa), a quelli che sono riusciti a farmi sentire che erano contenti che avessi trovato un attimo per salutarli e quelli che, invece, hanno trovato il modo di rompere qualcosa proprio prima della partenza e poi si comportano come se nulla fosse. Parlando con Quentin e raccontandogli l’episodio incriminato, aveva detto anche lui che le partenze ti fanno capire parecchio sulle persone che ti stanno intorno. Ora resta da capire se è il caso di far notare certi comportamenti ai diretti interessati o sperare che capiscano da soli il significato di quel che hanno fatto. E soprattutto chiedere scusa a quelli che, per tempo o confusione, sono stati trascurati.

giovedì 22 settembre 2011

...şi am băut gin!



Giorni sballottati, tra l'esame di lingua romena, l'insediamento nel nuovo appartamento, una camminata per Bucarest con uno stendino sottobraccio, concerti, cene e camminate notturne per la città - che comincia a diventare sempre più mia - e il volo di ritorno a casa. Culo sul divano, voglia di stare a casa e vedere un film, un po' di rammarico perché "quando mi ricapita di vedere gli Zdob şi Zdub?" e, improvvisamente, la decisione di alzarci tutti e tre, acchiappare la metro a Obor e dirigerci in centro per il concerto. Così, seguendo ispirazioni improvvise, come forse bisognerebbe fare un po' di più, facendosi meno problemi. Perdersi nel labirinto di Lipscani fino a sbucare in Strada Franceză, a bocca aperta vedendo i sampietrini schierati a mo' di barricata, il selciato ancora da fare, una strada stranamente e magicamente silenziosa nel centro, nessun locale e una chiesa illuminata. E sbucare poi dove risuonano le note di Ţigani şi OZN-ul ("Zingari e UFO")da un palco posto all'incrocio tra due vie, con un edificio dietro alla band e il pubblico a destra, sinistra e in mezzo. Lampi belli e meno belli, come il tizio con una bambola in spalla e una bandiera europea o come il bambino che, nel mezzo della calca, raccoglieva bottiglie di plastica e lattine. Però una location bellissima e particolare per un bel concerto che mi ha visto, alla fine, lasciarmi andare a saltare e urlare come non mi capitava da un sacco di tempo, abbracciato a Quentin sulle note di Bună Dimineaţa e Everybody in the Casa Mare. Finito l'ultimo pezzo la piazza si svuota, prendiamo Calea Victoriei, svoltiamo a destra e torniamo verso casa in una Bucarest semi-dormiente. I fiorai aperti, la Biserica Armenească illuminata e sempre più bella, i cani a zonzo e noi tre che respiriamo la città camminando nella notte.

Due sere dopo la stessa strada l'ho ripercorsa, con l'unica compagnia di Silvia al telefono, a cui raccontavo quello che c'era intorno, le stranezze, le cose che mi colpiscono e piacciono e affascinano di questa città. Ho portato Silvia a spasso con me, nel ritorno a piedi da Lipscani a casa, raccontandole la città, cercando di ricreare Bucarest nella sua immaginazione e sentendola vicina, quasi camminasse stretta al mio braccio destro. Raccontandole di chiese spostate per sfuggire a Ceauşescu, di cani che attraversano la strada solo sulle strisce e quando non passano le macchine, leggendole le scritte, promettendole un fiore preso all'una di notte da un florarie non-stop e uno strudel cu brânză preso a due lei dalla finestra di un negozio. Raccontandole la bellezza della chiesa armena, la voglia di fare una passeggiata nel quartiere armeno, i binari del tram che sferraglia e tintinna sotto la finestra del nostro soggiorno, raccontandole il vicoletto stretto per cui si arriva al nostro portone e le mille banche di Calea Moşilor, già soprannominata Little Switzerland.


Ho le chiavi del palazzo, ho una camera con le mie cose, la mia scrivania, il mio letto e i miei vestiti. Ho una cucina dove ho preparato una pasta al sugo con prosciutto di Praga e salame d'orso, ho un boccione dell'acqua da cinque litri nel frigo e un cartone di succo. Ho una cucina che pian piano ha preso la forma che gli abbiamo voluto dare. Ho un supermercato sotto casa dove ho già fatto la spesa un paio di volte, e una strada che ormai ho già percorso a piedi in una mezza dozzina di occasioni. Ho un diploma che dice che so un pochino di romeno e riesco a fare anche qualche conversazione senza dover ricorrere ad altre lingue. Ho un router internet che al momento non funziona e ho chiamato il servizio clienti, e attendo i tecnici. Ho un telefono che ogni tanto squilla, e qualcuno che chiede dell'algerino che prima viveva qui ("Domnul Habib nu locuieşte aici. Nu, nu cunosc domnul Habib. Nu, nu ştiu numărul său, îmi pare rău"). Ho fatto leggere il contatore della luce e fatto due lavatrici, ho steso e mi sono addormentato già due volte sul divano. Ho ascoltato la radio romena e qualche volta ci ho anche capito qualcosa. Ho una voglia matta di comprare qualche libro dalle bancarelle in Piaţa Universitaţii. Saprei guidare da casa mia all'aeroporto, ho visto lo stadio della Dinamo e quello della nazionale di rugby. Ho imparato a camminare in strade infestate di cani senza andare nel panico, e comincio a comprendere la metropolitana di Bucarest. Ho un portafoglio con un abbonamento RATB e soldi solamente in lei. Ho mandato un curriculum a un giornale che ha la redazione a 500 metri da casa mia. Ho preso un aereo al piccolissimo Aurel Vlaicu - Băneasa e ho preferito chiedere "Este aici pentru zborul spre Bergamo, vă rog?" a un pope ortodosso che domandare agli italiani che sentivo parlare davanti ai quattro gate dell'aeroporto. E ieri, parlando con i miei in macchina, dicevo: "Da noi c'è...da noi invece non è così...da noi...". Fino a quando sono entrato in appartamento mi son sentito un turista a Bucarest, e in questo mio primo giorno dei dieci che passerò in Italia, mi sento in vacanza. Forse ora mi rendo conto che, adesso, in quella città ci sto vivendo - anche se a scadenza e con una padronanza rudimentale della lingua. Eu locuiesc în Bucureşti.

sabato 17 settembre 2011

Calea Moşilor, colţ cu Strada Mihai Eminescu

Hei, noroc, oameni buni!
Everybody in the casa mare!
(Zdob şi Zdub - Everybody in the casa mare)

Addio, Pasajul Besarab. Non sei più fuori dalla mia finestra. Non vedo più il tuo bagliore bianco e azzurro, ultima luce e immagine prima di addormentarmi. Addio, stanza 507, con le tre scrivanie, una delle quali posta in mezzo alla stanza a fare da tavolo da pranzo. Addio Grozăveşti, con la tua Dâmboviţa verde e muschiosa e i suoi pescatori, con le scritte nazionaliste sugli argini, con la tua chiesetta ortodossa, la tua centrale termica e il Carrefour Orhideea a sfamarci. Con i tuoi concerti notturni di vari cani e con i boati che si sollevavano dal pub e facevano tremare la tua stanza quando veniva trasmessa una partita di calcio.


Una Renault stipata di bagagli, un mazzo di chiavi, una gita all’Ikea di Băneasa. Il nuovo appartamento da fare nostro: lenzuola, cuscini, detersivi, pentole, un frigo da riempire. Quattro birre Silva Bruna da Timişoara per brindare tutti insieme alla nostra nuova casa. E pian piano prendiamo confidenza con la nostra via, Calea Moşilor, con la metropolitana più vicina, con i supermercati e i tragitti a piedi, con certe cose stupende che sbucano, qua e là, tra bloc e palazzoni, come la stupenda Biserica Armenească che compare sulla destra nel tragitto per andare in Piaţa Universitaţii.


La prima notte ho dormito da solo nel nostro nuovo appartamento. Wacyl, Thomas e Quentin, gli altri tre ragazzi, volevano fare festa un’ultima volta al campus. Io invece volevo acclimatarmi con la casa nuova, vedermi un film sdraiato sul divano, dormire il mio primo sonno nel mio nuovo letto. In fondo, è uno dei motivi per cui sono venuto qui: dopo aver vissuto 26 anni con la mia famiglia, avevo bisogno di un’occasione per vivere, per la prima volta, per conto mio. Pensare alla mia spesa, a cucinare e lavare (e dopo le prime sfide con la maşina de spălat sembro aver capito il meccanismo), a fare i conti di quanti soldi ho speso, a fare le spese importanti per la casa. Qualcosa che ho inseguito e allo stesso tempo da cui sono un po’ scappato da quando ho fatto l’esame di maturità, qualcosa che avevo in parte già gustato, prendendo i miei ritmi con Silvia nei soggiorni più lunghi, cucinando per lei e vivendo insieme la vita quotidiana. Acasa este locul unde este inima ta.

sabato 10 settembre 2011

Pranzul de duminică


Sia benedetto Carrefour Orhideea e la semplicità con cui riesce a farci sentire "a casa".

giovedì 8 settembre 2011

Bună Dimineața! / Бунэ диминяца!


Alla ricerca di musica in romeno, penso sia già l'inno del mio soggiorno qui, anche se il gruppo è moldavo. Bună dimineaţa!

domenica 4 settembre 2011

Piaţa Revoluţiei


2 settembre 2011. Visita guidata a Piaţa Revoluţiei, dove sfocia Calea Victoriei, incorniciata dal Muzeul Naţional de Artă (in passato palazzo reale), dalla Biblioteca Centrală Universitară e dal palazzo del Comitato Centrale del Partidul Comunist Român, oggi sede del ministero dell’Interno. Uno spillone buca il cielo, circondato da un muro costellato di nomi e croci, il Memorialul Renaşterii, memoriale della rinascita. Sul vecchio palazzo del Comitato Centrale sventola una bandiera romena. Ventidue anni fa questa piazza si chiamava in un altro nome, era la Piaţa Palatului.







21 dicembre 1989. Piaţa Palatului è gremita di gente e circondata dai carri armati. Nicolae Ceauşescu ha da poco pronunciato il suo ultimo discorso dal palazzo del Comitato Centrale, accusando i rivoltosi di Timişoara di essere un gruppo di agitatori fascisti, prima di essere contestato dalla folla, al grido di Ti-mi-şoa-ra!, ed essersi riparato nel palazzo. Il Muzeul Naţional de Artă e la Biblioteca Centrală Universitară sono in fiamme, dai palazzi la Securitate spara sulla folla. Il mattino dopo Ceauşescu fugge con la moglie Elena in elicottero dal tetto del palazzo del Comitato Centrale, mentre la folla, infuriata per i tentativi di repressione, cerca di linciarlo. La fuga non dura molto: raggiunta Târgovişte il dittatore e la moglie vengono arrestati dalla polizia locale. Il 25 dicembre 1989 Nicolae e Elena Ceauşescu vengono processati per due ore da un Tribunale Militare Straordinario, prima di essere fucilati da tre paracadutisti.








Le foto in bianco e nero appartengono a Mihai E. Popa, Camelia şi Sorin Pascu, Damien Saatdjan

Glorie Eternă Eroilor şi Revoluţiei Române din Decembrie 1989: questo è il nome completo del Memorialul Renaşterii. I 1058 nomi scritti sul muro sono gli Eroi martiri ai revoluţiei din 1989, i rivoluzionari caduti in tutta Romania nella settimana della Novena del 1989, nella più violenta delle Rivoluzioni che durante quell’anno cambiarono il volto all’Europa.

venerdì 2 settembre 2011

Patru cafele


Trovare una macchinetta del caffè italiana a un leu per caffè in università può sollevare la giornata quando ci si trova in una città dove un caffè costa sei lei e fa schifo. Dio benedica Pellini Caffè.

giovedì 1 settembre 2011

Nici un ban la Bucureşti

Down and Out in Paris and London, scriveva George Orwell, uno dei miei personali idoli. Senza un soldo la Bucureşti toccherebbe scrivere a me, dopo un weekend con carta di credito bloccata e 190 lei cambiati all’aeroporto esauriti dalle prime spese per la stanza. Non che abbia sofferto la scarsità, ma poter prelevare lunedì è stato un sollievo. Cartierul Grozăveşti e il fiume Dâmboviţa, invece, si sono presentati in maniera un po’ sciatta: un fiume verdastro e sporco di alghe, una centrale termoelettrica con grosse ciminiere e poi Casa Radio, un’altra delle gigantesche costruzioni volute da Nicolae Ceauşescu, mai continuata dopo la Rivoluzione del 1989 e ora in preda a un progetto che la vorrebbe futuro centro commerciale. Per ora la sua maestosità è resa surreale dalla sua incompletezza, dai suoi piani vuoti e dall’impressione di un palazzo enorme squarciato di netto.

Una contraddizione come le mille che si vedono in giro per Bucarest, come improvvisi cambi d’umore: bar con le finestre sprangate, costruzioni maestose, case antiche e pittoresche, bloc comunisti a mattoni giallo paglierino, strade puzzolenti e lastricati splendidi come Lipscani, lavori in corso e affascinanti basiliche ortodosse, piazze dal colpo d’occhio incredibile come l’abbagliante Piaţa Universitaţii, monumenti splendidi e sottopassaggi poco invitanti. L’esempio più assurdo è forse il Grădina Botanică Dimitrie Brândză di Cotroceni, stupendo e rigoglioso parco botanico affollato da mille feste nuziali contemporaneamente e infestato dall’onnipresente visione delle ciminiere della centrale termoelettrica.

La Trimurti di Grozăveşti: la centrale termoelettrica (addobbata con luminarie natalizie), il fiume Dâmboviţa e il panorama di Casa Radio.




La chiesetta ortodossa e il Grădina Botanică Dimitrie Brândză che fanno da cornice alla centrale termoelettrica.




Sottopassaggio verso il nulla: I Guerrieri della Notte in salsa romena (Războinici Nopţii)?


Monumentul Eroilor Sanitari, opera del fiorentino Raffaello Romanelli.


La Biserica Şfantuli Nicolae, vicino a Piaţa Universitaţii, anche conosciuta come Biserica Rusă o Biserica Studenţilor, nascosta dalle gru dei lavori in corso in Bulevardul Regina Elisabeta.