lunedì 7 novembre 2011

Un colet la poșta

A Como in treno non ci vado da una vita. Ha un sapore speciale arrivare alla stazione Como Laghi: le rotaie attraversano piazza del Popolo (fu piazza dell'Impero) e i vagoni trottano lenti tra il teatro Sociale, il duomo e la Cà da védar, la Casa del Fascio di Como. Infine, il treno ferma le sue ruote in una vecchia stazione con tre binari, un muro di pietre e una struttura di ferro, e uscendo la prima cosa che si vede è il lago che risplende o che ti osserva cupo d'inverno. Le Ferrovie Nord e questa bizzarra urbanizzazione hanno regalato qualcosa di magico e unico alla tratta che ha il suo capolinea in riva al lago, e io spero di potermelo godere ancora tante volte nella mia vita. Como era una tappa fissa di quando ero ragazzo, liceo e primi anni di università. Acquistavo tanta musica, era la mia vita, e ogni gita a Como coincideva con una puntata al Vertigo, a muovere le dita tra gli scaffali e scegliere un cd.

Ricordo quando comprai Aqui Estamos degli Atarassia Gröp: arrivai alla stazione, salii sul vagone, scartai il disco e lo feci partire nel mio lettore cd, tenendo tra le mani il libretto dei testi e emozionandomi a ogni frase che lasciava un lampo nel mio cervello. L'autore di quei testi era Filippo Andreani, chitarrista degli Atarassia. Che poi c'è anche tutta una storia di macellai, chitarre e batterie alla Coop di Cadorago che ha fatto sì che una volta con un mio vecchio gruppo suonassimo nel bel mezzo di un loro concerto. Erano tempi che ricordo sempre con un po' di nostalgia, in cui c'era un fervore punk mica da poco in provincia. Poi non so se si sia affievolito o se semplicemente mi sia allontanato io. Mi manca però un sacco l'atmosfera dei concertini ogni giovedì sera, di ritrovare qualche amico e sapere che avrebbe suonato la settimana dopo da qualche altra parte e di aver già deciso di andarci.

Oggi mi son svegliato sverso. Dormito male tutta notte, sveglia presto di lunedì mattina per andare al corso di romeno, due macchinette del caffè che non funzionano e una che mi frega i soldi. E in più il caffè finalmente preso da Roco, di fronte all'Università, beh...è stato gettato nella spazzatura dopo appena un sorso. Uscito da lezione mi sono diretto verso Arcul de Triumf, un appuntamento alla FRR per delle ricerche storiche. Sballottato di qua e di là, parlando puțin românește e a bit of English, ottengo un numero di telefono e un libro in prestito. Camminando per Parcul Herăstrău per riprendere la metropolitana uno scoiattolo improvvisamente mi attraversa la strada, e la giornata sembra voler decollare, accompagnata da Warren Zevon e Bruce Springsteen che mi cantano Disorder in the House nelle orecchie. Arrivo a casa, apro lo sportellino metallico della posta e trovo una busta bianca delle Poste Italiane, corredata dal mio indirizzo bucarestino, dall'indirizzo tremezzino di Sench che mi aveva promesso un pacchetto in arrivo, e da francobolli raffiguranti il Giro d'Italia, Dorando Pietri e Jurij Gagarin.

Entro in casa col cuore che sorride, canticchiando felice. Dentro alla busta c'è Scritti con Pablo, il nuovo disco di Filippo Andreani. Anche lui è cambiato, rispetto a quando io facevo gite in treno a Como per comprare dischi. È diventato un cantautore seguendo una storia sbagliata di partigiani sul lago di Como e, evidentemente, ci ha preso gusto a raccontare le sue poesie sostituendo la rabbia con una ruvida delicatezza. E il disco mi prende alla gola, e sorprende, e riempie di entusiasmo: quello che non è cambiato in Filippo è sicuramente il suo essere poeta e la sua abilità di squarciare il cielo e lasciarti col fiato sospeso con una frase. 

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