venerdì 20 gennaio 2012

Ziua a opta


Voci e nomi dell'ottavo giorno di proteste a Bucarest

Mihai e Daniel sono monarchici, sventolano la bandiera del vecchio regno di Romania, vorrebbero un referendum per riavere una monarchia costituzionale sul modello inglese e sognano che il vecchio re Mihai torni a governare il paese. Daniel vive a Firenze, mi parla in italiano perfetto e dice che è tornato a Bucarest apposta per le manifestazioni. Il suo amico Mihai è fiero di portare lo stesso nome del vecchio re e di non aver mai votato un presidente. Dice che sotto la monarchia la Romania ha avuto la libertà, l'indipendenza, la ricchezza e la sua massima espansione. Suo padre fu detenuto politico a inizio anni '50 per propaganda contro l'Unione Sovietica.

Ana-Maria ha in mano un cartello con una poesia. Dice che ognuno ha la sua idea e che la soluzione è venire qua in Piața Universitații e dirla. Che la Romania può fare meglio, che non è giusto che ragazzi, insegnanti e professionisti debbano lasciare il paese perché muoiono di fame. Che lei scende in piazza perché i romeni possano tornare a cantare e a ridere di felicità, possano comprarsi libri, possano studiare e avere i migliori professionisti romeni in patria, non le seconde scelte.

Ivan è stato rivoluzionario nel 1989, è stato un golan nel 1990, ha un megafono in mano, gli occhi lucidi e tanti anni sulla pelle. "Son qui perché Băsescu è un nuovo Ceaușescu. Sono qui perché la gente muore di fame, perché laggiù c'è una bambina di sei anni con dei calzoni corti con questo freddo perché non può comprarne di lunghi. Sono qui perché ho due figli che non hanno futuro", mi dice, mostrandomi la lapide del cantore dei golani Cristi Pațurca al chilometro zero. Nel 1990 Pațurca cantava "Meglio vagabondo che traditore, meglio hooligan che dittatore, meglio golan (fannullone) che attivista, meglio morto che comunista". Lui mi mostra la foto sulla lapide carezzandola con l'indice e dicendomi commosso: "Ti faccio vedere una grande persona".

Dragoș dice che c'è bisogno di cambiare, chi ha il potere ha grosse macchine, fa vacanze dorate, e nello stesso momento chiede ai cittadini di stringere la cinghia e alza del 15% il costo del pane. Dice che non ci sono soldi, che non vogliono migliaia di euro al mese, vogliono solo vivere dignitosamente e non vedersi continuamente tagliare gli stipendi. Mi indica il suo rappresentante, Mihai, portavoce di Miliția Spirituală. Mihai scende dal palchetto improvvisato, lascia il megafono e si mette a parlarmi. Dice che Piața Universitații è un posto importante per i romeni, che lui non ha soluzioni in mano, e che quello che conta, però, è che la gente sia qui, a dire la sua, a discutere, a cercare di creare un'alternativa che al momento non esiste alla classe politica.

Ted ha in mano uno striscione illeggibile fatto su una tovaglia a fiori di tela cerata e una bandiera con il pugno che fu di Otpor in Serbia, di Pora in Ucraina e di Kmara in Georgia. Dice che spera che il modello sia quello di una rivoluzione colorata, e che è fondamentale che tutto si svolga senza violenze. Ha portato dei fiori per la jandarmeria, dice che è l'unico modo per cambiare qualcosa. Cambiarlo come? "Non c'è nessuno di cui possiamo fidarci, ma l'importante è essere qua, dire che siamo scontenti e non stare in silenzio".

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