venerdì 26 agosto 2011

Noapte bună, Pasajul Basarab


Pensavo, giustappunto: “Beh, in fondo sono piuttosto tranquillo. Anche se le emozioni vanno di qua e di là e mi sento una sorta di asterisco, riesco a mantenere comunque una certa freddezza”. Fino al mattino della partenza, quando in macchina mi son messo a scrutare pensieroso l’orizzonte delle tangenziali di Milano e mi sono improvvisamente sentito assalire da dubbi e ansie: “Ma che ci vado a fare? Ma cosa sto combinando? Ma non so nemmeno la lingua, che gli dico a questi, caini şi pisici?”. Ci si è messo anche il bagaglio a farmi ammattire, e l’ansia di chiamare Silvia per salutarla. Lei, invece, bravissima a distogliere i miei pensieri e restituirmi rilassatezza e sorriso.

In volo in una direzione verso cui non avevo mai volato: quanta emozione quando la voce annuncia che alla nostra sinistra c’è Belgrado. I sedili Wizz Air, oltre alla loro evidente scomodità e alla palese scarsità di spazio per le ginocchia, mi rilassano con un’immagine di papere e mi proiettano in un altro mondo, meno eurocentrico forse, con le loro scritte in inglese, ungherese, polacco, ucraino e russo. Atterrare all’aeroporto Aurel Vlaicu – Băneasa poi è uno spettacolo magnifico: sembra che le ali sfiorino le case e che da un momento all’altro si debba atterrare su un tetto, tanto vicini sono caseggiati e monumenti, e tanto distintamente si riconosce l’enorme Casa Poporului costruita da Nicolae Ceauşescu. All’atterraggio la mia prima frase in rumeno: “La revedere”.

La Romania mi accoglie con un tassista che, forse in segno di benvenuto, si produce in un tentativo di sorpasso a destra di un bus, giusto prima di una strettoia. Dai finestrini riconosco l’Arcul de Triumf, la Gara de Nord, la Dâmboviţa. Poi il tassista cerca di non darmi il resto e mi tocca litigare senza parole, gesticolando massicciamente (in questo son proprio italiano). Bună ziua, mulţumesc, vă rog, la revedere: poche parole come arma per cercare di farsi capire in un mondo che non parla la tua lingua. Abbastanza per rimanere disorientati, mentre giri affiancando il fiume alla ricerca di posti da conoscere: Piaţa Universitaţii, Lipscani, Casa Radio e i mille palazzoni a mattoni giallo paglierino dell’era Ceauşescu.

Alla fine è bello insediarsi in stanza, la mia casa per il prossimo mese, litigare con un lenzuolo dotato di oblò quadrato che non fa intendere la sua natura e funzione: coprimaterasso? Federa? Coperta? Riaprire questi due bagagli che tanto ti han fatto penare e spostare vestiti negli armadi, libri e penne sulla scrivania, riviste sul mobiletto, spazzolino e dentifricio sul lavandino. Finalmente, aprire la finestra e guardare il panorama: la C del Carrefour Orhideea, un grattacielo e una torre dell’acqua, un’arcata del Pasajul Basarab, un palazzone giallo paglierino, un moncone di Casa Radio e, sporgendosi un po’, la Casa Poporului. Mi sdraio, spengo la luce e l’ultima immagine della giornata è il ponte, bianco, illuminato fuori dalla finestra. Noapte bună, Pasajul Basarab. Noapte bună, Bucureşti.

2 commenti:

Polly ha detto...

...e il tuo messaggio sul cellulare che taglia in un secondo le distante e mi riporta il calore delle tue forti braccia che mi cingono mentre resto a guardare il ponte illuminato...

Billie ha detto...

:') non sai quanto mi rende orgoglioso il fatto di riuscire a tagliare le distanze e farti sentire il mio calore...:)